MEDICINA E SANITÀ

Responsabilità medica, odontoiatrica

In materia di responsabilità medica, laddove si tratti di un rapporto contrattuale, spetta al medico fornire la prova positiva dell’esatto adempimento ovvero, nel caso in cui sia acclarata la sua condotta negligente sotto il profilo dell’ars medica, grava sul sanitario l’onere di dimostrare di non aver aggravato le condizioni del paziente. In altre parole, il medico che ha sottoposto la malata a trattamenti inutili e scorretti, per andare esente da responsabilità, deve provare che tali trattamenti non abbiano cagionato alcun pregiudizio alla salute della paziente, ossia che siano stati eziologic amente irrilevanti. L’aggravamento delle condizioni di salute è valutabile e ascrivibile al sanitario sotto il profilo del la causalità giuridica. Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza 26 febbraio 2020, n. 5128.

L’esercizio della professione odontoiatrica è disciplinato dalla Legge n. 409/1985; si tratta di una professione connot ata da particolare autonomia, pur rientrando nell’alveo delle professioni sanitarie. Al dentista, dunque, si applica la d isciplina della responsabilità medica, giacché l’odontoiatra è un medico a tutti gli effetti. Pertanto, quando un pazient e si rivolge ad un centro odontoiatrico e riporta un danno, per ottenere il ristoro del pregiudizio patito, può agire nei confronti della struttura e del medico che ha eseguito l’operazione. Secondo la disciplina della responsabilità medica (art. 7 , Legge n. 24/2017, cosiddetta “Legge Gelli-Bianco”):

  • la struttura risponde a titolo di responsabilità contrattuale diretta (art. 1218 c.c.) e indiretta (art. 1228 c.c.);
  • il sanitario risponde a titolo di responsabilità aquiliana (art. 2043 c.c.), salvo il caso in cui abbia agito nell’adempi mento di un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

Il rapporto tra paziente e medico-dentista, presso una struttura privata, rientra nella responsabilità contrattuale; in par ticolare il rapporto tra paziente e odontoiatra si colloca nel contratto di prestazione d’opera ex art. 2222 c.c.

Sicurezza alimentare

La sicurezza alimentare è intesa nella sua accezione più ampia come la possibilità di garantire in modo costante e ge neralizzato acqua ed alimenti per soddisfare il fabbisogno energetico di cui l’organismo necessita per la sopravviven za e la vita, in adeguate condizioni igieniche. Essa contempla il rispetto di precise caratteristiche di salubrità dell’ali mento sotto il profilo igienico e sanitario. Spetta agli operatori del settore alimentare e dei mangimi garantire che nel le imprese da essi controllate gli alimenti o i mangimi soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerent i alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disp osizioni siano soddisfatte. L’obiettivo è quello di ottenere prodotti alimentari il più possibile sicuri.

Danni ambientali

Ai sensi dell’art. 300 della Parte VI, è danno ambientale, qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima. Esistono quattro tipologie di danno:

  1. danno alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria;
  2. alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimi co e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l’art. 4, paragrafo 7, di tale direttiva;
  3. alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acq ue internazionali;
  4. al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sul la salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o m icrorganismi nocivi per l’ambiente.

La disciplina si applica anche in caso di sola “minaccia imminente” di danno (ex art. 302, comma 7), ovvero quando si verifichi – con valutazione scientifica obiettiva – il rischio sufficientemente probabile che stia per verificarsi uno specifico danno ambientale, e ciò in aderenza al principio di precauzione richiamato espressamente all’art. 301.

In tali circostanze si prevede l’alternativa tra l’azione risarcitoria in sede giudiziaria e l’ordinanza a contenuto risarci torio ricorribile in via amministrativa, che può adottare il Ministero dell’Ambiente sulla base dei parametri fissati da gli articoli 311 comma 3, 312 e 314.

L’art. 305 stabilisce, infatti, che quando si è verificato un danno ambientale, l’operatore deve comunicare senza indu gio tutti gli aspetti pertinenti della situazione alle autorità competenti, ovvero comune, provincia e regione, nonché il prefetto competente. Egli ha inoltre l’obbligo di adottare immediatamente tutte le iniziative praticabili per controllar e, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di pre venire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali ed effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai serv izi, anche sulla base delle specifiche istruzioni formulate dalle autorità competenti relativamente alle misure di preve nzione necessarie da adottare e le necessarie misure di ripristino di cui all’art. 306. In caso di inerzia dell’obbligato il

Ministro dell’Ambiente ha la facoltà di attuare le misure di ripristino, con diritto di rivalsa nei confronti di chi ha ca usato o concorso a causare le spese stesse.